Per le vie di San Francesco Long Way oltre 100 km percorsi a sud dell’Umbria nelle terre che furono percorse dal santo patrono d’Italia.
Si parte da Attigliano, comune Umbro in provincia di Terni distante un’ora da Roma.
Non amando le sveglie prima dell’alba, per poi correre per quasi 20 ore, decido di partire la sera prima della gara per dormire presso la sala polifunzionale messa a disposizione dall’organizzazione.
All’arrivo, vado verso il Comune per ritirare il pettorale ed il pacco gara. Poi mi dirigo verso l’area attrezzata per la notte dove sistemo il bagaglio, il sacco a pelo e materassini, infine mi lancio verso la zona ristoro.
Il ristoro non è niente male, appena entro nella struttura vengo accolto da un abbondante piatto di bruschette, mi viene chiesto cosa voglio mangiare e vengo indirizzato verso il tavolo dove ad attendermi c’erano varie bottiglie di Sangiovese a 13°.
Si scambiano due chiacchiere con gli altri atleti, si beve, si mangia è poi via in branda che ci aspetta una corsetta mica da ridere.
La notte passa tranquilla, grazie soprattutto ai tappi che ho imparato essere indispensabili in queste occasioni.
Sveglia alle 6.
Colazione pregara con il mio solito mezzo barattolo di crema di nocciole. Finisco di sistemare zaini e borsa del cambio, poi via verso il ritrovo per la partenza.
Nel piazzale saluto i miei compagni di avventura: Ludovico, Daniele, Maurizio, Oriana.
Ore 8: si parte!
Gara
In una gara così lunga non presto molta attenzione a dove mi posiziono alla partenza. Lo sprint allo start non è così determinante ed il via dei giudici mi coglie quasi di sorpresa.
Parto insieme a Daniele e Maurizio, esperti ultratrailer, per me un punto di riferimento per queste lunghe distanze. Passo facile: in salita si cammina, in piano e discesa si corre piano.
Attraversiamo paesaggi da cartolina tra borghi medioevali, conventi francescani ed antiche chiese. Sembra di essere stati proiettati indietro nel tempo di alcuni secoli, se non fosse per le attrezzature ultra tecnologiche che indossiamo.
Attorno al 20esimo chilometro inizio a pensare che potrebbe essere il momento di definire la strategia di gara, perché pur sempre di gara si tratta.
Il ritmo di Daniele e Maurizio è molto conservativo e mi fa pensare che, se al momento mi sembra troppo lento, probabilmente al 60esimo sarà il ritmo ideale per arrivare alla fine senza ritrovarmi con le gambe frullate.
Immagino di dividere idealmente la gara in 4:
- Il primo tratto fino alla base vita del 41esimo km
- Il tratto che mi porterà all’unica vera salita della gara: 60esimo km circa
- La salita di cui sopra.
- La parte finale che va dal 75° chilometro fino al traguardo.
Tra una chiacchiera e l’altra arriviamo alla base vita di Amelia.
Sto bene, per nulla affaticato e nemmeno sudato. La mia gara non è ancora iniziata.
Cambio scarpe, cambio zaino, sistemo il cibo e il vestiario per la notte, riempio la camelbag con i sali, controllo le lampade, mi spalmo di vaselina, mangio un piatto di pasta, risistemo la borsa del cambio, faccio un veloce check e riparto.
Daniele e Maurizio sono già ripartiti, mi innervosisco per la loro fretta di lasciare il ristoro e allungo il passo per raggiungerli.
Li recupero dopo qualche minuto e mi accorgo che il nuovo passo è decisamente più indicato per la mia forma fisica e decido di mantenerlo, almeno fino alla salita del 60esimo.
La nuova andatura si rivela molto più veloce e nel giro di pochi km inizio a raggiungere e superare diversi atleti.
Dal 41esimo al 60esimo supero senza difficoltà 6 avversari.
Al ristoro di S. Restituita, prima della famosa salita, trovo il primo pasto caldo a base di brodo vegetale e minestrina, segno che la notte ed il calo delle temperature sono dietro l’angolo.
Inizio a salire quella che, nella roadmap, è indicata come la montagna più alta del percorso. Una scalata di oltre 10km che mi proietterà nella parte finale gara, almeno secondo i miei programmi.
Salgo senza difficoltà e “mangio” altri 3 avversari.
Dopo lunghi tratti percorsi in solitudine, iniziare ad intravedere qualcuno significa ormai averlo superato, o “mangiato” come mi dicevo. Forse la foga agonistica si è lasciata prendere la mano, tant’è che mi vedevo come un predatore a caccia di prede da .. mangiare.
Senza troppa fatica arrivo alla prima vetta: Monte Pianicel Grande. In lontananza vedo un atleta e provo ad allungare il passo.
Il terreno è piuttosto difficile: un tappeto di grosse pietre che non mi permette di correre rallentandomi molto. La magra consolazione è che se rallenta me, rallenterà anche gli altri.
Ad un certo punto, perdo le indicazioni. Le uniche rocce colorate di azzurro scendono in un boschetto, ma il colore è piuttosto sbiadito e sembrano fare riferimento a vecchi percorsi di gare precedenti. Ma sono le uniche indicazioni che vedo e provo ad andare avanti, finché il boschetto in cui mi immergo diventa impraticabile. Torno indietro e risalgo fino al punto in cui il sentiero era riconoscibile. Impreco per 5’ buoni e finalmente ritrovo le indicazioni corrette!
Innervosito dal fatto che sicuramente sono stato risuperato, mi metto in marcia a passo spedito e più incattivito.
Riprendo il ragazzo che avevo da poco superato e poco dopo raggiungo anche l’atleta che stavo “predando”.
La vetta del monte non è semplice per le tante rocce e per la luminosità del sole al tramonto, che è troppo poca per vedere bene ma troppa per usare la lampada.
Ancora qualche centinaio di metri accendo le luci.
Supero la vetta di Monte Rotondo, poi Monte Croce di Serra, dove incontro due atleti della 200 km. Supero un altro avversario e mi lancio in discesa per l’ultima parte di gara.
Arrivo al bivio che separa nuovamente i percorsi LONG WAY e ULTRA+ e mi lascio trasportare in completa trance lungo una strada bianca in leggera discesa, così confortevole e rilassante che mi perdo completamente nei miei pensieri e non solo in quelli. Dopo quasi 20 minuti riprendo lucidità e con lo sguardo cerco i nastri posti a indicare il percorso. Cazzo, non ci sono. Proseguo per altri 200 metri e niente, nemmeno l’ombra. Rabbia! Mi giro e torno indietro per quella salita che fino a un momento prima era una confortevole dolce discesa. Altri 20 minuti e finalmente arrivo al bivio che avevo lisciato al primo passaggio. Questa distrazione mi è costata 6km! Riprendo il percorso incattivito più che mai e deciso a riguadagnare le posizioni perse. Dopo qualche chilometro arrivo al ristoro di Montecchio e ritrovo il ragazzo che avevo già superato due volte che mi guarda sconsolato e mi dice “ma ti sei perso un’altra volta ??” Eggià …. 🙂 Ci salutiamo con la promessa di non rivederci più fino all’arrivo 🙂
Lascio il ristoro e riprendo a correre verso Guardea al 80esimo km. Da Montecchio a Guardea i chilometri passano lisci senza problemi. La leggera salita scivola sotto le gambe senza farsi sentire. Supero altri due atleti.
Arrivato al ristoro non credo ai miei occhi! Un tavolo colmo di cibo come fosse il buffet di un matrimonio! Azzanno un paio di fette di pane e marmellata, pane ed olio, bevo – letteralmente – un piatto di minestra, acqua e coca, riempio le borracce e riparto, ancora masticando.
Mi aspettano ancora due belle rampe spaccagambe all’81esimo ed all’84esimo chilometro, ma vado verso di loro sicuro di me grazie alle Adorabili Salite del Martedì. Infatti scavallo entrambi i dislivelli senza problemi superando altri due atleti. Ora è proprio finita. Proseguo tranquillo verso Alviano quando, in una curva, vedo spuntare in lontananza un luce. Merda – penso – mi sono rilassato troppo. Scalo una marcia e do gas per allungare il passo. Non esiste che mi faccio “mangiare” così all’ultimo! Infatti riguadagno un buon distacco ed arrivo al bellissimo Castello di Alviano con il vuoto dietro di me.
Entro nel castello con passo trionfale, tronfio e carico di endorfine da sembrare quasi scemo. Riempio le borracce, mangio il solito pane e marmellata, un po’ di ananas, frutta secca. Scambio due chiacchere con Luca (un ragazzo in piena crisi che non riusciva a ripartire) consigliandogli di scofanarsi tutta la roba dolce che vede per far ripartire il motore. Chiedo informazioni ai ragazzi del ristoro, nonostante sia una cosa da non fare MAI, chiedendo loro a che chilometro siamo (perché non bisogna MAI chiedere quanto manca) visto che le mie deviazioni fanno segnare al GPS 94Km invece degli 87 previsti. Ma parte l’inevitabile supercazzola. Allora provo a chiedere, ingenuamente, quanti atleti sono passati finora per avere una indicazione sommaria della posizione in classifica ma quelli mi rispondono come se fosse passata di lì tutta la maratona di New York. Ok, saluto e riparto.
La prossima tappa è il traguardo.
Fa freddo, la temperatura è scesa parecchio. Cerco di accelerare il passo per questi ultimi chilometri perché ormai, diciamocelo, mi sarei anche un po’ stancato di correre al freddo ed al buio. Dopo un po’ di strada asfaltata, strade bianche e sentieri nel bosco, arrivo su un crinale di terra bianca in mezzo alla campagna, pieno di buche e crepacci ma abbastanza correvole, con cautela. Qui raggiungo e supero diversi atleti, almeno 6, e il freddo pungente mi fa accelerare il passo. Ormai Attigliano è in vista e do fondo alle ultime forze per raggiungere e superare le ultime due lucette che da un po’ vedevo in lontananza.
Ultima salita e… FINALMENTE ARRIVO!!!
16ore e 14 minuti, 17esimo assoluto, un freddo che mi si porta via e felicissimo per questa mitica esperienza!
Veramente felice perché, come anticipato nei giorni precedenti la gara, non pensavo di avere i chilometri nelle gambe. Tant’è che il giovedì prima, convinto di voler fare gli ultimi 10km in scioltezza, ho chiuso l’uscita con 4km fatti in malavoglia.
Alimentazione
La strategia alimentare per questa gara è stata la seguente:
- 1 minipanino ogni 30’
- 1,5g di BCAA 4:1:1 ogni ora
- 1 gel ogni tanto al posto dei panini (ne ho consumati 5)
- 2,5 barrette proteiche a base di semi di canapa distribuite lungo il percorso da metà gara.
- Ad ogni ristoro: acqua + coca cola, due fette di pane e marmellata, due fette di pane ed olio, un po’ di frutta secca (mandorle). Dal 60esimo in poi brodo caldo e minestrina ad ogni ristoro.
- Al 41esimo km ho riempito la camelbag con 1 litro di powerade che mi è durato fino al 90esimo.
I minipanini erano fatti con pane da tramezzino tostato, delle dimensioni di circa 3×4 cm, riempiti di una fetta di tofu al naturale cotto alla piastra (per evitare che irrancidisca), ed una goccia di maionese di soia.
Ringraziamenti
Ringrazio Daniele e Maurizio che mi hanno fatto da pace maker nella prima parte di gara permettendomi di mantenere forze ed energie per affrontare al meglio la seconda parte del percorso.
Ringrazio tutti i gentilissimi volontari che mi hanno accolto con premura familiare ad ogni ristoro.
Ringrazio l’organizzazione impeccabile, soprattutto per la frequenza e qualità di ristori organizzati lungo il percorso. Devo tuttavia far notare che la segnaletica notturna non era un gran che, in special modo i segnali rifrangenti erano troppo piccoli, ma il bilancio è decisamente positivo!
Ci vediamo alla prossima avventura!
La traccia Strava: QUI
#MyRoad2UTMB
#NoPainNoGain
#NeverGiveUp
Grande Manuel, noi ad Amelia siamo scappati perché avevamo paura che ci facessi andare troppo veloci, si vedeva che avevi un’altro passo 🙂
Daniele
Mi avete lasciato solo e sconsolato 😀